andrea zarattini
latour a civitella
Se esistessero le tavole di Mosè del vino, il primo dogma reciterebbe: “Una bottiglia è insindacabilmente buona quando finisce in fretta”…AMEN!
Una mia personalissima regola invece è “Una bottiglia è grande quando suscita la voglia di andare a scoprire chi, come e dove viene fatta”. Questo Latour a Civitella è una di queste.
La prossima volta che andrò a Roma voglio fermarmi a Civitella d’Agliano (Viterbo), per ascoltare la storia di un uomo (Sergio Mottura) e conoscere meglio il suo territorio.
Questo Latour a Civitella è un vino molto personale, racconta uno stile ed un modo di essere. Appena messo sotto il naso si deliano le forme che lo collocano fuori dalle tendenze attuali di super territorialità e avversione alla barrique. La frugalità dei vini è diventata un sotterfugio di marketing più che un rispetto del vitigno o del territorio.
Dentro alla bottiglia 100% Grechetto (quindi il territorio), selezionato tra tutte le parcelle dell’azienda nelle quali è stato messo a dimora questo vitigno. Fermentazione esclusivamente in barrique.
Il risultato è un vino dalle giuste proporzioni, senza scivoloni su eccessive morbidezze o stucchevoli burrosità. La permanenza in legno piccolo e la materia prima creano una prevedibile ma non banale complessità, infatti, oltre alle nocciole ed una sensazione piacevolmente cremosa si ritrovano le erbe mediterranee, la resina del pino marittimo, i fiori secchi, il bergamotto e del croccante di mandorle.
La bocca è più minerale che polposa, questo lo rende molto scorrevole. La ricca struttura ed i volumi morbidi lo rendono piacevole anche quando la temperatura si alza, svelando sfaccettature non apprezzabili col freddo.
Questa bottiglia ha generato in noi piacere e curiosità, infatti alla fine della cena la bottiglia era vuota.
